Questa intervista è comparsa sul blog di Raffaella Ronchetta, giornalista e consulente di comunicazione di Torino
Emmaboshi? Che nome è? Questa è una mia curiosità
Mettiamoci comodi, la storia è lunga. Nel 2000, quando ho iniziato a lavorare ho avuto la fortuna di entrare in un piccolo studio a Bologna (Pablo comunicazione) composto da persone meravigliose. Il loro spazio era proprio come mi immaginavo uno studio creativo, cioè pieno di libri, di musica, di computer e di oggetti belli. C’era anche un cucinotto e si pranzava insieme tutti i giorni. Immagina che a volte alle 12 qualcuno si metteva a friggere e tutto lo studio si riempiva di odore di fritto, che si mescolava al fumo di sigarette (erano altri tempi). Non so se ridere o piangere per questa cosa.
Beh fatto sta che un giorno a pranzo uno dei miei capi era seduto di fianco a me, e ispirato da una boccetta di aceto di prugne umeboshi giapponesi che aveva davanti, coniò per me il soprannome Emmaboshi. Quel nome diventò il mio nome per tutti quelli in studio e quando nel 2004 decisi di intraprendere il mio primo tentativo da freelance, scelsi quel nome e comprai il dominio emmaboshi.net che ancora oggi è la mia casa online.
Trivia: ho assaggiato per la prima volta le prugne umeboshi solamente dieci anni dopo che ho iniziato a usare questo nome.
Cosa fa un designer come te?
Mi occupo di creare una identità visiva originale per progetti, prodotti o aziende che vogliono emergere. Si presentano da me con un nuovo brand da creare, o più spesso con un brand esistente che però non corrisponde più a quello che vogliono essere. In entrambi i casi parliamo molto e ci conosciamo, vengo accompagnato all’interno della loro realtà e parliamo di dove vogliamo condurlo attraverso il processo creativo. Il progetto grafico seguirà le indicazioni emerse da questa prima fase di scoperta.
Definito insieme qual è la cosa migliore da fare (ad es. nuovo logo, nuova immagine coordinata, nuovo sito, nuovi cataloghi ecc) mi metto a progettare tutto, cercando di dare una applicazione coerente all’idea creativa iniziale. Mi capita spesso di lavorare e coordinare i miei fidati partner per attività come lo sviluppo web, le illustrazioni, la stampa tipografica.
Sei un tipo ironico, direi, quanto di te c’è nella tua comunicazione?
Nella comunicazione di Emmaboshi c’è tanto di me, diciamo che è diventata la mia immagine pubblica, un tutt’uno di immagine professionale e personale. Ovvio che, come tutti, indossiamo tante maschere diverse a seconda del contesto, quando sono con la mia famiglia ad esempio sono meno Emmaboshi e più Emanuele, quando sto conoscendo un nuovo cliente magari sono un Emmaboshi più prudente e meno Emmaboshi del Bollettino Boshi. Insomma un ginepraio di personalità, ma devo dire, l’ironia è sempre presente. La uso per divertirmi io in primis, qualche volta mi ritrovo a fare battute solo per ridermele da solo (pensa come sono messo).
Nella grafica dei miei progetti invece l’ironia è più rara, magari quel che cerco è più lo spiazzamento, o la trovata elegante. Non dimentichiamoci che quando lavoro sto cercando di creare qualcosa che poi deve usare qualcun altro, quindi cerco di trovare l’equilibrio tra le esigenze del business e la mia visione. Per iniettare ironia nella grafica bisogna proprio trovare il progetto giusto, che possa comunicare con ironia. Mi viene in mente il progetto C.A.C.C.A. o Mercato sonato, ma se li vedi comunque non è che ti fai una risata…
Cosa ti rende unico in ciò che fai?
Me lo chiedo spesso. Spero che sia la ‘cura’ di ogni aspetto del viaggio insieme al cliente. Dal lavoro in sé alla comunicazione del lavoro, quindi sia l’originalità che devono esprimere i progetti, sia le interazioni umane, dal primo contatto, alla presentazione dell’offerta economica, alla proposta creativa, all’ascolto e la comprensione dei pensieri e dei dubbi.
Provare insieme essere felici, soddisfatti, efficienti. Ogni dettaglio del lavoro è importante, siamo tutti esseri umani, partiamo diffidenti, ma basta darsi fiducia e parlarsi chiaro per realizzare insieme grandi progetti.
Un consiglio a un giovane che vuole iniziare il tuo lavoro?
Divorare tutto, o meglio assaggiare di tutto, di « lavorare duro ed essere gentile con le persone» (cit Anthony Burrill). Guardare tutto con occhio attento, dalla segnaletica di una stazione alla grafica di uno scontrino, da un film di wes anderson al layout di Whatsapp. Imparare a usare il software è importante, ma è una minima parte della personalità di un professionista, quindi è cruciale concentrarsi sulla propria cultura (visiva e non), leggere, leggere tanto, di tutto. Intendo romanzi, non solo libri che parlano di grafica.
Sapere creare una storia, studiare ascoltare guardare, provare la nuova app che è uscita, cercare di capire perché la gente la usa, cercare di capire la gente, forse la cosa più importante è cercare di capire la gente, tutta la gente.
Questo sì che è un bel consiglio, credo.