I
Giudicare la contemporaneità, ciò che a tutti i livelli avviene mentre anche noi viviamo, è difficile. Giudicare o capire, finanche cercare le musiche dell’oggi, del now, sarà mai possibile?
Come sempre all’eccesso di informazioni (parcellizzate) non corrisponde una semplice e lineare comunicazione.
“Quanta conoscenza abbiamo perduto con l’informazione?” (T.S. Eliot)
Forse ci si aspettava di più da questo troppo enfatizzato terzo millennio (che, come il tempo, è pura invenzione), forse è ancora troppo presto perché i fiori, se esistono, si trasformino in frutti… ma cosa sta succedendo in musica di veramente inaudito? E se qualcosa di veramente mai udito prima esiste, dov’è? Come si fa a possederlo?
II
Il sassofonista e compositore John Zorn, ad esempio, ha 57 anni in questo 2010. Si può presumere che nella sua carriera di musicista egli stia portando a compimento ciò che ha intuito e organizzato negli ultimi 30 anni della sua vita. Certamente è uno strumentista di pregio e un compositore che negli decenni conclusivi del XX secolo ha prodotto musiche inaudite. Anni fa ciò che più colpiva del suo modo di comporre musica era la capacità di creare un continuum di fatto sequenziale (ma non narrativo), utilizzando segmenti velocissimi di situazioni musicali diverse e spesso contrastanti ma evitando la trappola del collage. Suo modello ideale erano le colonne sonore dei cartoni animati, la musica ad esempio di Carl Stalling (che tutti conoscono ma nessuno sa chi è).
Inoltre Zorn, diversificando la sua attività di musicista e organizzatore, ha abbracciato il jazz, la musica sperimentale (americana), il kletzmer, la musica da film e così via.
Oggi un suo lavoro recente, Liber Novus per énsemble da camera ed elettronica dedicato all’opera di Carl Gustav Jung, ci dimostra come quel comporre inaudito sia oggi un metodo classico (per Zorn) di scrivere musica: proprio un metodo, qui utilizzato in ambito più o meno accademico. Non si può definire musica di intrattenimento questo Liber Novus ma ad orecchie allenate ad ascoltare i suoni più astrusi del tardo ‘900 risulta addirittura piacevole.
L’inaudito di Zorn è forse per il compositore un punto di arrivo, la conquista di un metodo come la forma-sonata classica?
III
(citazioni e commento)
(Il problema è che il Tempo è cancellato dai media che tendono a creare un infinito presente)
Il now degli americani, mentre noi preferiamo l’hic et nunc e le ore conviviali passate a tavola o ad ascoltare il mare.
“Il passato non esiste, nemmeno il presente, quindi neppure il futuro”
(R. W. Fassbinder, regista).
Ascoltiamo e poco importa se l’inaudito ci sfugge perché poco
pubblicizzato da reti internet o da rotocalchi da sala d’aspetto.
D’altronde cosa cambia se inaudito è pure Beethoven per un tibetano o
per un sordo? E sembra pure che la categoria del nuovo a tutti i costi sia
superata in questi nostri tempi.
In fondo anche l’Occidente ha i suoi limiti…
IV
Nik Bartsch è un pianista svizzero, giovane e talentuoso, classe 1971:
uno dei migliori in circolazione, dicono…
Come tutti i musicisti giovani sotto i quaranta, Bartsch ha fatto studi
accademici ma si è inoltrato in territori ampi della conoscenza (filosofia
soprattutto) ed utilizza i mezzi attuali del web che fanno tanto
comunicazione ma anche marketing.
Dice di ispirarsi al funk, forse fa del jazz nuovissimo…
Le sue composizioni sono minimali e si chiamano Moduli.
Spesso uno o due accordi che servono a sviluppare lunghe
improvvisazioni (ma improvvisavano regolarmente tutti in passato, da
Bach a Brahms) in una sorta di ripensamento tutto europeo di
quell’economia di mezzi e materiali che ha contraddistinto la musica
dell’ultimo Feldman.
I tempi non sono dilatati, il ritmo prevale, la micro variazione (improvvisata) diventa struttura…
Da solo o con le due formazioni principali con le quali si esibisce (Ronin e Mobile) Bartsch al momento ha creato uno stile e un modo di fare musica affatto nuova e se richiama stili più o meno riconoscibili del Secondo Novecento (minimalismo, jazz, techno ecc.) la sua tecnica e la qualità dell’improvvisazione è indistinguibile, nel suo farsi, dalla composizione tout court.
Una musica non citazionista né ironicamente rivolta con fare postmoderno al passato prossimo: magari non piacerà a tutti, ma finalmente con Bartsch si apre una finestra (concettuale) ed entra aria fresca nella musica spesso retrò dei primi anni del III millennio…
Che duri.