I

Tre avanguardie l'Italia ha regalato al mondo nel XX secolo, di respiro internazionale: il Futurismo (che predisse il futuro), l'Arte Povera (l'esame di realtà) e la Transavanguardia (che si nutrì del passato). Solo la prima ebbe come obiettivo la rivoluzione totale e si appiccicò a qualsivoglia manifestazione dell'arte e della vita. Le altre due riguardavano invece il settore a se stante delle arti visive, per la gioia dei collezionisti investitori e para intellettuali.

E chi è stato più importante per la storia della musica del nostro Occidente: Balilla Pratella o Luigi Russolo, che di musica si occuparono all'interno di quel movimento? Sicuramente il secondo. Ne L'arte dei rumori (11 marzo 1913), paragrafo "Conclusione", comma 2, afferma: "I musicisti futuristi devono sostituire alla limitata varietà dei timbri degl'istrumenti che l'orchestra possiede oggi, l'infinita varietà di timbri dei rumori, riprodotti con appositi meccanismi".

In conclusione del manifesto, pur dichiarando di essere un pittore e quindi musicalmente incompetente, scrive: "...ho potuto intuire il grande rinnovamento della musica mediante l'Arte dei Rumori". E quindi Russolo, il pittore, intuì che la musica del futuro, futurista e non, avrebbe dovuto e potuto allargare i propri orizzonti timbrici inglobando rumori che a loro volta avrebbero modificato le forme su cui si strutturava e manifestava la musica. Ipotesi allora davvero azzardata, se si pensa che la musica colta era già molto avanti, nel 1913, in quel processo di disgregazione e superamento del sistema tonale, ma la musica leggera era inestricabilmente legata alla tradizione operistica e alla romanza da salotto. E aveva naturalmente grande successo e grande seguito: altro che Verklaerte Nacht o Sacre du Printemps! Nel 1913 la frattura tra il pubblico e la musica dei compositori colti era già in atto, era già avviata su una strada senza ritorno.

II

Ionisation (1931) per tredici percussionisti e una marea di strumenti (compresa una sirena a manovella), è un'opera che viene generata dal clangore e dallo sferragliare delle macchine nelle metropoli americane. Non è un pezzo descrittivo e oleografico, ma un prodotto sonoro generato dalla realtà, di grande dignità musicale e modernista, che realizza l'intuizione di Russolo come a Russolo non era mai riuscito di fare.

Il suo autore, Edgar Varése, è stato uno dei più visionari musicisti del XX secolo. Il suo concetto di spazio ha alterato i canoni della percezione musicale e ha creato macchine sonore che, incredibilmente, l'hanno posto in un altrove rispetto alla II Seconda Scuola di Vienna (Schoenberg, Berg, Webern) e alle altre tendenze coeve della musica europea (Neoclassicismo, Bartok, ecc.). Per questo è stato ignorato dalla critica musicale più dispotica, che coltivava l'inutile e inesistente contrapposizione Schoenberg – Stravinsky.

Edgar Varése era amatissimo dal compositore Frank Zappa.

III

Citazioni:

"Perché, futuristi italiani, riproducete servilmente la trepidazione della nostra vita solo in ciò che essa ha di superficiale e di fastidioso?" (E. Varése).

"Le parole "arti" e "opere d'arte" ritornano spesso in Russolo: si tratta di organizzare concerti con degli strumenti detti intonarumori, concepiti specificamente a tal fine. (…) Di queste opere non si sa malauguratamente granché, dato che gli strumenti di Russolo sono andati distrutti, le partiture non sono state conservate e, salvo errore, si possiedono incise su disco solo Serenata e Corale, due opere di Russolo presentate a Parigi nel 1921..." [J.J. Nattiez, Il discorso musicale].

IV

Negli ultimi anni '40 e nel decennio a seguire, Pierre Schaeffer diede vita a quel movimento detto della Musica Concreta, ovverosia della musica che, senza andare troppo per il sottile, partiva da materiali presi dalla vita reale, li registrava su magnetofono e li riassemblava secondo un nuovo modo di concepire la composizione. Tentativi ingenui ed esteticamente rigidi, grandi teorizzazioni e prodotti storicamente datati. D'altronde, i mezzi tecnologici dell'epoca erano quello che erano: l'avvento della cosiddetta musica elettronica era ancora di là da venire (Studio per la musica elettronica della Westdeutscher Rundfunk di Colonia, 1953; Studio di Fonologia di Milano della Rai, 1955; IRCAM di Parigi, 1970). Schaeffer ha collaborato fino alla fine degli anni ‘50 con il compositore e percussionista Pierre Henry. Insieme hanno creato Symphonie Pour un Homme Seul (1949) mentre si devono ad Henry le Variations Pour une Port et un Soupir (1963), un titolo che almeno letterariamente sarebbe piaciuto a Marcel Duchamp, già creatore di una celebre porta (Porte: 11, rue Larrey, 1927). La Musica Concreta continua sulla strada intuita da Russolo e apre le porte agli esperimenti sull'integrazione suono-rumore-elettronica ancora oggi oggetto dell'attenzione di stuoli di musicisti, soprattutto dell'area non accademica.

V

Una composizione di John Cage, invero assai poco frequentato anche in sala di incisione, ha un titolo ironicamente classico Variations II (1961). Il pianoforte che è stato usato in una delle esecuzioni possibili da David Tudor prevede che il pianoforte venga trattato con oggetti della vita quotidiana (ci risiamo...) applicata sulla cordiera dello strumento. Inoltre alcuni pick up e vari microfoni catturano i suoni prodotti dal pianista aggiungendo distorsione a distorsione. Il suono non esiste più, il rumore regna sovrano pur seguendo la linea delle variazioni (uno dei fondamenti della tecnica compositiva occidentale) e il tutto viene prodotto suonando il più borghese degli strumenti. Alla bisogna, Cage dichiarò: "(This music participates in) dis-organization and a state of mind which in Zen is called no-mindedness". La durata del brano si aggira intorno ai 26 minuti.

VI

Ma Russolo (e compagni) avevano idea di quale conseguenze (dirette e indirette) avrebbe avuto il Manifesto della musica futurista ecc.? In effetti, in ambito di rivoluzione totale, il movimento non è che abbia lasciato il segno nella storia della musica. Ben altra cosa la pittura, e l'architettura o la poesia... Questa enorme parabola che dalla intuizione originaria del pittore di Portogruaro approda all'America del micologo e filosofo (e anche finissimo pittore dalla limitatissima produzione) e perfino musicista John Cage, che conobbe e studio/litigò con lo Schoenberg esule in California, è la testimonianza di un processo di accelerazione/consumo/distruzione/ricreazione del linguaggio musicale senza precedenti. Una costellazione, però, di punti di non ritorno. Quanti critici, gongolando, si sono guadagnati la zuppa rimpiangendo le neige d'antan, in empiti controcorrente (tutti gli avanguardisti li guardavano con disprezzo) e poi alla moda (col post modern: "ve l'avevamo detto!"). Cosa resta della meravigliosa filosofia musicale di Cage, per il quale tutto era musica e il silenzio non esisteva se non come indicazione in partitura? E dell'alea, che prevedeva la creazione casuale (non l'improvvisazione, sia ben inteso) in un processo di negazione dell'intenzionalità di comporre in stato di coscienza? Addio ispirazione romantica, viva l'I-Ching.

VII

Nel XXI secolo la storia non è ancora finita, ma forse la distinzione fra alto e basso, colto non colto, classic versus pop, si è fatta più sfumata. La band dei Matmos, giovane e intellettuale, non viene invitata nei teatri stracolmi o abbastanza colmi di anziani abbonati. Producono musica, i Matmos, che sarebbe piaciuta a Russolo e a Schaeffer o Henry e piace ai ragazzi, che non sono i fantocci da reality che la televisione ci propone quotidianamente. Usano i suoni di pagine di libri, fischi, baci, fiori, umori organici, interventi chirurgici, microfoni a contatto sul corpo, insetti, strumenti vari. La Musica può dormire sonni tranquilli.

Si vedano i seguenti testi, link a siti Web e dischi

J.J. Nattiez, Il discorso musicale, Torino, Einaudi, 1987, pp. 197

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